per l'europa

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

home

Eugenio Garin
Scuola Normale Superiore di Pisa

Gerardo Marotta, maestro di cultura

Non è facile, anche per chi l’abbia seguita fin da principio, dire sul serio che cosa sia stata, e che cosa sia attualmente, per gli studi filosofici e per la cultura in genere (e non solo napoletana e italiana), l’opera di Gerardo Marotta, anzi dell’avvocato Marotta. Forse, per capire davvero la molla segreta, e quindi la forza singolare, bisognerebbe cominciare da lontano. Bisognerebbe cominciare da un civile appassionamento di gioventù e da un’ideale partecipazione politica in un ambiente e in una città singolare: Napoli. Il mondo meridionale che si è rivolto a Napoli, e in Napoli si è per tanti aspetti espresso nei secoli, costituisce uno sfondo non dimenticabile quando si vogliano capire davvero certi intellettuali che in Napoli sono radicati.
Di tutto questo Marotta è stato sempre consapevole. Come studioso di filosofia e della sua storia, è stato infatti consapevole sempre del peso di pensatori quali Bruno e Campanella, e si è adoperato per le edizioni delle loro opere, come si è interessato di Della Porta e dei Lincei meridionali, di Vico e del secolo di Vico. Di più: consapevole delle radici remote della civiltà napoletana, e di quanto la memoria dell’antico fermenti nel fondo dell’anima napoletana, non ha dimenticato né Ercolano con i suoi papiri né la tradizione classica con i suoi ritorni. Eppure nell’eccezionale ricchezza della storia culturale napoletana attraverso i secoli, soprattutto a un filone Marotta si sente, e sempre si è sentito legato: ai pensatori “civili” che dalla passione politica hanno tratto la forza per combattere e far trionfare le idee. Sono gl’illuministi del Settecento come gli hegeliani dell’Ottocento. Così Marotta non ha mai nascosto le sue simpatie per Filangieri e Pagano, come per De Sanctis e gli Spaventa. Egli si sente cittadino di quella Napoli che ieri discorreva con gl’inglesi del Settecento, con Montesquieu e con gli Enciclopedisti, e domani andrà a scuola da Kant e da Hegel, per approdare, tramite Antonio Labriola, fino a Marx e a Engels.
Per chi sappia ascoltare è, in parte notevole, la scuola di Benedetto Croce e dei suoi: un eccezionale magistero morale e politico che, lungo più di mezzo secolo, ha costituito, in Italia, lo stimolo di giovani, seguaci o ribelli, che si chiamavano Gobetti e Gramsci. In realtà Marotta ha intuito a pieno il senso di una cultura che sia, a un tempo, arte e scienza, politica e vita morale, e che si esprima nelle cose concrete che produce e negl’istituti che alimenta. E non a torto ha costantemente parlato di filosofia, di opere e istituzioni filosofiche. Egli ha dimostrato d’intuire la trasformazione profonda che in questo secolo attraversano gli studi di filosofia, per un verso attuandosi come riflessione teorica sui vari campi di ricerca scientifica e sui loro nessi, per un altro verso concretandosi come teoria del senso e del valore della persona umana.
Immerso a pieno nella tematica del dibattito contemporaneo, Gerardo Marotta ha così, quasi senza parere, saputo promuovere, incitare, connettere, far conoscere nel concreto della vita napoletana e italiana quanto di più importante si muoveva nel pensiero d’oggi. Oltrepassando ostacoli e barriere d’ogni genere, l’uomo di buona volontà ha saputo far collaborare tutti gli uomini di buona volontà.

Una lettera a Gerardo Marotta
Firenze, luglio 1996

Caro Avvocato,
la Sua mi è giunta con i ritardi consueti addizionati con quelli estivi, ma, come sempre, carissima. Dell’onore che Le hanno fatto a Parigi – e che è così meritato – io sono stato lieto, come di un piccolo riconoscimento per il tanto che Lei ha fatto e fa, non solo per il nostro paese, ma per gli studi che amiamo e per i valori nei quali crediamo.
Anche in questi giorni, a volte, quando, leggendo i giornali, più cadono le braccia, ho pensato a Lei, e al Suo battersi, senza posa – e mi sono confermato nell’idea che bisogna fare così.
Sono contento di quanto mi dice della presentazione di Bruno a Bruxelles. Io ormai riesco a fare ben poco. Abbiamo cercato, col bravo e caro Maurizio Torrini, di mettere assieme un fascicolo “cartesiano-napoletano”, che spero non Le dispiaccia, del “Giornale critico”.
Il Suo Eugenio Garin

home