Una vita consacrata all’universale
Vorrei dedicare questi pochi minuti all’avvocato Marotta per esprimergli pubblicamente tutta la riconoscenza di un giovane ricercatore che veniva da un piccolo paese della Calabria dove non c’era niente, tantomeno una biblioteca, e dove ancora oggi il mestiere di professore universitario non ha valore agli occhi degli abitanti. Talvolta, quando mi si vuol dare importanza, mi si chiama “avvocato”, perché è questo il personaggio più importante in un villaggio.
Conobbi l’Avvocato quando andai a Napoli per incontrarlo e parlargli di un progetto che mi stava a cuore: l’edizione delle opere complete di Giordano Bruno. All’epoca avevo ventotto anni e non avevo alcun ruolo nell’università; come tanti altri ero alla ricerca dei mezzi per sostenermi e fare ricerca. L’Avvocato mi ricevette a Napoli, e ricordo bene quel primo incontro in una casa stipata di libri, dove bisognava aprirsi un cammino come in un labirinto, tra pile di libri. Fu per me la scoperta, emozionante, di un uomo che parlava con i più grandi intellettuali e che stava lì ad ascoltare me che non ero nessuno. L’Avvocato mi disse subito: “Dammi subito il progetto, voglio leggerlo con attenzione”. Questa esperienza mi ha insegnato che l’Istituto ha una enorme importanza per l’Italia del Sud, per l’Europa, per il mondo intero.
Due punti meritano di essere sottolineati nella politica che l’Avvocato attua nella guida dell’Istituto. Innanzitutto, egli si è sempre energicamente opposto al comportamento assurdo di certi baroni universitari, che si limitano a svolgere un’ “azione di veto”. Nella università, come molti sanno, lo scopo dei baroni non è il fare, ma soprattutto quello di impedire agli altri di fare. Di contro, ho trovato all’Istituto una persona capace di ascoltare, disponibile a leggere e ricevere giovani ricercatori; e so che la mia esperienza è tutt’altro che unica: è quella di tanti giovani della mia generazione con i quali ho allacciato qualche rapporto grazie all’Avvocato. Egli ci ha ricordato che le opere e gli autori non appartengono a questo o a quel “mandarino”, ma all’umanità tutta. Quando cominciammo a lavorare all’edizione di Bruno, ci fu in Italia tutto un movimento per impedire che quella edizione vedesse la luce, ma l’Avvocato ci ha difeso, ci ha aiutato, ci ha incoraggiato, perché era convinto che il progetto era molto importante.
L’altra cosa che colpisce è lo spirito militante che pervade l’organizzazione dell’Istituto. È un fatto inedito, in un mondo come il nostro, dove la generosità diventa sempre più rara e dove non è affatto una pratica comune quella di lavorare in maniera disinteressata, solo per amore del sapere. In un’epoca dominata dal più cinico egoismo, da un’insaziabile desiderio di ricchezza, l’Avvocato ci dà l’esempio di un uomo che, in nome di un nobile progetto etico e filosofico, rinuncia all’intero suo patrimonio e ai probabili guadagni che la sua professione di avvocato gli offriva, per dedicarsi interamente, per consacrare la sua vita alla filosofia e alla ricerca. E che dire dell’esempio che dà il direttore dell’Istituto, Giovanni Pugliese
Carratelli, il quale disinteressatamente si prodiga per allargare le attività dell’Istituto verso una nuova alleanza tra scienza dell’uomo e scienza della natura, tra cultura classica e cultura moderna, tra Oriente e Occidente? O della generosità umana e intellettuale del segretario dell’Istituto, Antonio Gargano, che si dedica completamente all’attività dell’Istituto e continua a vivere del suo stipendio di professore di filosofia in un liceo napoletano? Grazie all’Avvocato, si riesce ancora a trovare l’entusiasmo, la passione, l’amore disinteressato per il sapere, la ricerca, la conoscenza; e io penso che questo sia molto importante.
L’altro giorno, rileggendo l’ Apologia di Socrate di Platone, ho ravvisato la figura dell’Avvocato in questo breve passo: “Nessun motivo umano sembra spiegare il fatto che da tanti anni io dimentichi tutti i miei affari personali e che ne sopporti le conseguenze nell’amministrazione della mia casa, per occuparmi sempre di voi, con lo scopo di convincervi ad avere a cuore la virtù”. Questo passo mi ha fatto immediatamente pensare all’Avvocato, a come egli abbia dimenticato i suoi affari privati per vivere giorno dopo giorno la vita dell’Istituto e della ricerca.
Penso anche ad un altro passo molto bello, nel De Immenso di Giordano Bruno, uno dei miei autori prediletti. Voglio leggervi il messaggio di questo filosofo, che forse può essere molto utile, soprattutto per i giovani che vedo in questa sala: “La sapienza e la giustizia cominciarono ad abbandonare la Terra allorquando i dotti, organizzati in sette, cominciarono ad usare la loro dottrina a scopo di lucro. Indi ne derivò che, come si trattasse della propria vita e di quella dei figli, combattessero fino all’annientamento degli avversari per un semplice amor di parte. Sia la religione che la filosofia giacciono annullate da simili atteggiamenti, sia gli Stati, i regni e gli imperi sono sconvolti, rovinati, banditi assieme ai saggi, ai principi e ai popoli”.
In un’epoca come la nostra , in cui il sapere scientifico e umanistico rischia sempre più di essere asservito al profitto e al mercato, l’esperienza umana e intellettuale di Gerardo Marotta ci insegna che il cammino è un altro, che bisogna seguire un diverso insegnamento.
Vorrei concludere con un’altra citazione, da un libro molto bello, Le città invisibili, di un autore contemporaneo morto da poco, Italo Calvino. Parlando dell’inferno, Calvino scrive:”L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
L’Istituto e l’Avvocato rappresentano questa luce nell’inferno che ci circonda: cerchiamo tutti insieme di farla durare e di farle ancora più posto.
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