La passione di servire il bene pubblico
Ho appena pubblicato un piccolo libro intitolato semplicemente Omaggi nel quale rendo onore ad alcuni amici filosofi italiani tutti scomparsi: Castelli,
Pareyson, Del Noce, Caracciolo, etc. È stato per me un onore e una gioia intrattenere con alcuni di essi un rapporto durevole, avere con altri qualche contatto rapido ma intenso.
Ho voluto limitarmi a persone scomparse, sicché l’editore, innamorato di Foscolo, ha pensato per un momento di apporre il sottotitolo “All’ombra dei cipressi”, una espressione in verità troppo elegiaca, da raccolta di poesie adolescenziali. Ma se in questi omaggi commemorativi avessi incluso persone viventi, sicuramente un bel posto sarebbe stato riservato all’avvocato Gerardo
Marotta. Il fatto di condividere con tanti altri un debito di riconoscenza nei suoi confronti non rende questo debito più leggero o meno pressante.
Io sono stato a più riprese invitato da Gerardo Marotta nel nobile Palazzo Serra di Cassano, in Via Monte di Dio a Napoli, per tenervi corsi e conferenze alla presenza di uno scelto uditorio, ogni volta in un grande salone rivestito di marmo, sotto la luce discreta di antichi lampadari che invita al raccoglimento e crea quella penombra che da Platone a Husserl è l’ambiente elettivo delle Idee, almeno finché non siamo saliti sulle pendici dell’Empireo. Di più ancora, il caro Avvocato ha fatto stampare in un piccolo volume celeste le mie lezioni sulla filosofia della mitologia di
Schelling, La mythologie comprise (Bibliopolis, Napoli, 1984), e questo opuscolo, per quanto rimasto in forma colloquiale, è ancora ricercato e apprezzato dagli studenti, forse per la sua brevità. Più recentemente, davanti ad un pubblico attento, ho dato l’ultimo tocco ai miei studi sull’intuizione intellettuale, che poi sono apparsi in Francia. Quale incomparabile banco di prova, per un insegnante-scrittore, sono questi gruppi di giovani selezionati, già agguerriti ed esperti nel lavoro intellettuale!
Così, debbo a Gerardo Marotta un eletto contributo alla mia precaria sopravvivenza, nel libro e nella memoria. La sopravvivenza del nostro venerato amico Hans-Georg Gadamer è meglio assicurata per la celebrità della sua opera. Egli sta per doppiare il capo dei cento anni, e chi potrà dire il ruolo che ha avuto l’Avvocato per questa felice longevità? L’accoglienza sempre premurosa riservata al cittadino onorario di Napoli, il soggiorno all’Hotel Vesuvio, le giornate a Capri e ad Ischia, il fervido omaggio di una gioventù conquistata dalla bonarietà del grande uomo, lo spettacolo di una città allegra e della baia dove Nettuno si riposa, tutto questo ha galvanizzato il vecchio filosofo e ha stimolato la sua imprevedibile vivacità linguistica. Capri è il suo giardino delle Esperidi, dove ha colto i pomi d’oro di una rinnovata giovinezza.
Innumerevoli, peraltro, sono coloro che hanno beneficiato dell’ospitalità di Gerardo Marotta nella superba città di Vico e di Croce. L’Europa filosofica e letteraria si dà appuntamento da un quarto di secolo a Palazzo Serra di Cassano. Tanta generosità e liberalità è ai nostri tempi così rara che bisogna cercarne il motivo ben al di fuori della vanagloria e del desiderio di piacere. La verità è che niente di grande si fa senza passione, e, al plurale, senza passioni. L’Avvocato ne è la prova clamorosa. Certo, egli è un avvocato, votato alla giustizia e alla difesa dei diritti del prossimo, ed è anche filosofo, bibliofilo, collezionista, filantropo, mecenate, ma la sua vera passione è servire gli altri, il bene pubblico. In nessun modo cerca la notorietà, e non chiede gratitudine, che a mio avviso è troppo rara. Poiché alla sua generosità si aggiunge, come fine doratura, la discrezione, la sua mano destra ignora i doni della sua mano sinistra. Egli partecipa alle riunioni rimanendo in secondo piano, nel suo aspetto non c’è nulla di singolare e di eccentrico, la sola civetteria che si concede è la lunga sciarpa che scende fino a terra. La figura minuta, imbacuccata, fluttua un po’ nell’ampio soprabito, e ricorda Jean
Wahl, a parte la trascuratezza del vestire. Passerebbe inosservata, se non fosse per lo sguardo pensieroso e per la voce che può levarsi chiara e forte. Chi crederebbe, a vederlo, che quest’uomo minuto e modesto, timido e schivo, è animato da una passione, la più commovente che ci sia, cioè il disinteresse? Nel corso di qualche decennio, egli ha sacrificato un patrimonio per soddisfare il suo bel sogno altruista, preparare lo sbocciare, in sintonia con l’Europa, di una cultura senza frontiere, rifare della città di Napoli una capitale e un centro dell’Illuminismo, facilitare agli studenti l’accesso alla scienza nel suo farsi, offrire ai maestri l’occasione di allargare il loro orizzonte e divulgare le loro ricerche. L’ambizione di Gerardo Marotta è di aprire nuove possibilità per la ragione e la civiltà. Per condurre a buon fine quest’opera di lunga lena, c’è bisogno di molta tenacia, di una fede ben salda, di un pizzico di follia, e queste cose non mancano all’Avvocato. Egli pratica l’ecumenismo del pensiero illuminato e liberale (nel senso di
Jaspers) senza alcuna preferenza. Egli ha, dunque, messo in campo un’attività multiforme, ha organizzato seminari, convegni, incontri. Questa attività non si è limitata a Napoli e alla Penisola: egli ha promosso e sostenuto congressi, colloqui, e tante pubblicazioni scientifiche, in tutta l’Europa. Il suo Istituto è attivo nel mondo intero. Io stesso mi recherò tra qualche giorno a Poitiers per un convegno di esperti sul Sistema dell’Idealismo trascendentale: un convegno che non si sarebbe potuto fare senza l’aiuto dell’Istituto.
L’Avvocato o, meglio, il professore Gerardo Marotta ha distribuito a piene mani il tesoro materiale che una qualche alchimia trasmuta in manna intellettuale. Ma altri lo hanno detto meglio di me nel superbo volume a lui dedicato; ad esso vorrei aggiungere questo codicillo amichevole, per quanto inadeguato.
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