Natura e numero fra Rinascimento ed Età Moderna
A cura di Iacopo Chiaravalli e Giulio Gisondi
Lunedì 19 ottobre
Sebastiano Gentile (Università di Cassino)
La riscoperta della scienza antica e le traduzioni dal greco nel secolo XV
Martedì 20 ottobre
Massimo Bucciantini (Università di Siena)
Galileo e l’ invenzione di un nuovo mondo
Mercoledì 21 ottobre
Niccolò Guicciardini (Università di Milano)
Fortuna e crisi del neo-pitagorismo nel Seicento
Quella che generalmente definiamo ‘modernità’ costituisce uno degli snodi cruciali nella formazione dell’apparato concettuale tramite cui l’umanità si è compresa nel suo rapporto con la natura e con i suoi simili a partire dal XVI secolo. Il senso di ciò che convenzionalmente definiamo ‘moderno’, tuttavia, e il modo in cui si sono costituite le molteplici forme della razionalità moderna restano problematici. Ciò vale, in modo particolare, per quanto riguarda la formazione del linguaggio matematico delle nuove scienze sperimentali, dove emerge una frattura sia quantitativa, in termini di risultati e metodi tecnici, sia qualitativa, per quanto concerne i concetti impiegati. Risulta allora determinante ripercorrere il modo in cui si è costituito il metodo scientifico moderno impostosi tra XVI e XVIII secolo. Un arco temporale che vede la riscoperta dei classici greci, con le traduzioni dei testi scientifici antichi, la formulazione della meccanica galileiana e la nascita della sintesi newtoniana.