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Aldo Masullo - "Edmund Husserl: l’indicibile tempo e il pensiero radicale" (1/4)

Prima lezione
Napoli, 21 novembre 2005
I linguaggi epistemologici e il lessico di Husserl

 

Impostare un discorso su Husserl significa per Masullo partire dalla centralità della sua riflessione per il dibattito non solo filosofico, ma anche culturale, del XIX secolo. Il pensiero husserliano è infatti rappresentabile in forma chiasmatica: l’insieme delle ricerche settoriali di fine Ottocento converge in una filosofia che le restituisce al Novecento nella drammaticità della loro apparente incompatibilità. Masullo descrive nei termini di uno strabismo la pretesa filosofica di trattare al contempo ciò che è fuori dal tempo (il concetto, le scienze dure, l’oggettivo) e il temporale (l’uomo, la società, la soggettività): l’equilibrio che Husserl cerca tra logica e psicologia è sintomo di tale intrinseca difficoltà. All’interno di questa complessità occorre pensare il lessico husserliano, che si dà all’interno di quello schema interpretativo della realtà che chiamiamo associazionismo: termini come rappresentazione, fenomeno, originario, semplice ed empiria subiscono una risemantizzazione che distingue la filosofia come analisi husserliana dal modello aristotelico, e che trova nutrimento nella storia dell’empirismo. La lettura e il commento del § 24 di Ideen I introduce l’Anschauen come fonte di ogni conoscenza scientifica, e offre l’occasione per discutere la distanza del cogito husserliano da quello cartesiano. La filosofia è scienza rigorosa, ma scienza rigorosa che non può pretendere di essere scienza se non nel campo che le è proprio, ossia il campo delle presentazioni intuitive, all’interno del quale la categoria dell’Essere è messa fuori gioco.

 

  • Ferdinand Fellmann, Il riduzionismo e la fenomenologia di Edmund Husserl, 19 aprile 1985
  • Ferdinand Fellmann, Fenomenologia e filosofia della vita: Husserl e Dilthey, 2-5 febbraio 1987
  • Lothar Eley, La concezione della fenomenologia e della psicologia in Hegel e Husserl, 1°- 4 ottobre 1991

E. Husserl, Idee I, tr. it. di V. Costa, Einaudi, Torino 2002, § 24, pp. 52-53 of critical Essays, Princeton University Press 1994, pp. 23-85
 

§ 24 Il principio di tutti i principi

Ma basta con le teorie assurde. Nessuna teoria concepibile può indurci in errore se ci atteniamo al principio di tutti i principi: cioè che ogni intuizione originalmente offerente è una sorgente legittima di conoscenza, che tutto ciò che si dà originalmente nell’«intuizione» [Intuition] (per così dire in carne e ossa) è da assumere come esso si dà, ma anche soltanto nei limiti | in cui si dà. È chiaro che qualunque teoria può attingere la sua verità soltanto dalle sue datità originarie. Dunque, come dicemmo all’inizio di questo capitolo, ogni affermazione che si limiti a esprimere tali datità, esplicandole con significati loro conformi, costituisce effettivamente un cominciamento assoluto chiamato a servire da fondazione nel senso autentico della parola, un principium. In particolare, questo vale per le conoscenze eidetiche generali a cui normalmente si riferisce il termine principio.
In questo senso, chi si occupa di scienze della natura ha tutto il diritto di seguire il «principio» secondo cui per ogni affermazione intorno ai dati di fatto naturali si debbano interrogare le esperienze che ne costituiscono il fondamento. Poiché questo è appunto un principio, un’affermazione attinta immediatamente da una evidenza generale, e ce ne possiamo convincere in qualunque momento, chiarendo il senso delle espressioni usate nel principio stesso e portando a pura datità le essenze che vi corrispondono. Nello stesso modo, chi si occupa di scienze di essenze, e chiunque utilizzi ed enunci proposizioni generali, deve seguire un principio parallelo; né quest’ultimo può mancare, visto che già quello della fondazione di ogni conoscenza di dati di fatto mediante l’esperienza non è dato con evidenza nell’esperienza – come del resto ogni principio e ogni conoscenza eidetica in genere.

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