Attraverso l’analisi della seconda delle tre modalità – la «spiegazione» – in cui si articola il lavoro dello storico, la lezione si propone di confrontare l’oggettività della conoscenza storica con quella propria delle altre scienze, naturali e umane in particolare. Dopo aver ricostruito lo sviluppo del problema epistemologico all’interno della tradizione filosofica di lingua tedesca, Ricœur si sofferma ad esaminare la coppia concettuale «spiegare-comprendere» (erklären-verstehen). Se è quest’ultima – in virtù della distanza interpretativa che la comprensione è in misura di assumere rispetto alla spiegazione (causale-finale) – a garantire la legalità propria all’oggettività delle scienze umane, la storia sembra rispondere al medesimo tribunale e poter dunque iscriversi nel cerchio dell’opposizione determinata dai due termini. Cosa ne è, tuttavia, della verità del “passato”, ovvero della distanza (la relazione intenzionale di rinvio) che separa gli eventi e gli stati di cose passate dal presente della comprensione? Sono la fenomenologia della coscienza temporale e l’ermeneutica della storicità a essere chiamate, nell’interpretazione ricœuriana, a marcare la più grande differenza e, insieme, la più stretta parentela tra la storia e le scienze umane.
- Franco Bianco, Max Weber nella tradizione della filosofia pratica, 26-30 novembre 2001
- Domenico Jervolino, Paul Ricœur e l’ermeneutica della storicità, 12 gennaio 1984