La lezione di Norberto Bobbio si delinea a partire dalla ricognizione sulla fortuna della filosofia di Hegel, ripercorrendo alcuni dei principali momenti della sua riscoperta: in Italia, con Bertrando Spaventa, Augusto Vera e con il neohegelismo di Benedetto Croce; in Germania, con Wilhelm Windelband e con l’hegelismo scolastico e ortodosso di Georg Lasson, che metteva al centro l’esigenza della conoscenza universale insita nella filosofia hegeliana. Non è tuttavia questa esigenza sistematica e sistematizzante la ragione della riscoperta contemporanea di Hegel. Prevale invece, sottolinea Bobbio, uno studio analitico che volge il suo interesse a singole parti del sistema, in particolare a quelle dedicate allo spirito oggettivo: la proprietà, il sistema dei bisogni, il lavoro e l’analisi delle classi. Per indagare analiticamente singoli e particolari elementi del sistema di Hegel occorre allora assumere «una posizione diversa, lontana tanto dai denigratori di ieri, quanto dagli apologeti di oggi».
Ma qual è l’attualità di Hegel? Molteplici sono i temi e i problemi che, secondo Bobbio, lo rendono un filosofo attuale: dal superamento di Marx, con il ritorno al primato della politica sull’economia, della guerra sulla rivoluzione, fino alla crisi della democrazia e al tema dell’atomizzazione della società e dello Stato, con l’avvento di un corporativismo in cui prevalgono i gruppi sugli individui e il diffondersi di forme contrattuali proprie del diritto privato nelle trattative e nei rapporti pubblici, ovvero «la privatizzazione del pubblico». Ma la vera e più intima ragione risiede nella constatazione che «Hegel è attuale nel senso in cui è attuale un filosofo classico. Un filosofo cioè che ha posto alla nostra riflessione temi da cui noi non possiamo più prescindere, anche per la comprensione del nostro tempo, che ha elaborato categorie di cui ci serviamo come di strumenti per allargare e approfondire la conoscenza del mondo». E questa attualità è da rintracciare in quella storiografia filosofico-politica che non riguarda soltanto Hegel, ma che accompagna la storia della formazione dello Stato moderno, con Thomas Hobbes al principio e Max Weber al preannuncio della crisi: «Hegel sta al centro di questa storia, che è la nostra storia. Una storia di cui non possiamo sottrarci al compito di comprendere il senso, la direzione e il destino. La differenza fra noi e Hegel è che egli sapeva o credeva di sapere quale fosse il senso della storia. Noi lo sappiamo meno o non lo sappiamo affatto […]. Noi non sappiamo se prevalga l’astuzia della ragione oppure l’ottusità della non ragione. Noi siamo giunti al punto da domandarci se la storia abbia ancora un senso. Non quale senso, ma se abbia un senso, se abbia cioè un senso porsi il problema del senso».
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