Marco Ivaldo (Università di Napoli “Federico II”)
La filosofia classica tedesca e il problema del male. Kant, Hegel, Schelling
Secondo Luigi Pareyson la filosofia nella sua storia variegata e plurale
sarebbe stata singolarmente disattenta e reticente nei confronti
della realtà e del problema del male, a proposito del quale maggiore
coraggio e profondità avrebbero mostrato le religioni. Anche nel secolo
alle nostre spalle, così segnato dallo scatenamento del male (morale
e fisico), non vi sarebbe stata, per il grande pensatore italiano, una
adeguata attenzione al tema da parte di una filosofia prevalentemente
attirata da indagini analitiche a sfondo materialistico o empiristico. Pareyson
stesso tuttavia non ha mai celato di ritenere la filosofia tedesca
classica come un periodo estremamente creativo del filosofare. Nasce
così l’ipotesi di verificare e ricostruire (e rimeditare) quanto nell’ambito
del pensiero classico tedesco è stato pensato sul tema del male. Questa
ricostruzione verrà effettuata in maniera assai selettiva e limitata nel
corso del seminario. Verranno ripresi i temi del male radicale in Kant,
la sua ripresa nella Sittenlehre di Fichte, la dialettica della coscienza
morale nella Filosofia del diritto di Hegel, l’inversione dei principi in
Schelling (e in Baader). Sullo sfondo – non raramente assunte come
termine di riferimento polemico dagli “idealisti” – stanno le ricerche
di Leibniz nell’ambito della teodicea, con la sua triplice nozione del
male (metafisico, fisico e morale). Un interlocutore essenziale sarà
anche Schopenhauer, che capovolge radicalmente l’impostazione
tradizionale, e concepisce non il male come assenza di bene, ma il
bene come assenza di male. Dall’indagine di questi autori e testi si
cercherà di illustrare la tesi che il male ha a che fare con la libertà, che
non è soltanto un principio morale, ma più ampiamente ontologico, cioè
costituente la realtà stessa. La libertà è in questo senso “potenza” della
ammissione o del rifiuto del bene concreto. Come tale il male ha una
natura spirituale, è negatività attiva, non mera assenza, cosa che ne
spiega la valenza distruttiva. Ciò sollecita – come invitava Paul Ricoeur
– a riprendere su un nuovo fondamento le domande della teodicea, in
particolare la sfida di pensare insieme l’esistenza di Dio e l’esistenza
del male, senza lasciar cadere nessuna delle due ammissioni.