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Enrico Berti - "Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni" (2/5)

Seconda lezione
Napoli, 16 giugno 1987
Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni. Teoria delle opposizioni e dimostrazione dialettica in Aristotele

La formulazione rigorosa del principio di non-contraddizione e del principio del terzo escluso rappresentano il contributo capitale di Aristotele alla storia della dialettica.
Del principio di non-contraddizione Berti distingue tre diverse formulazioni: quella ontologica, quella logica e quella linguistica. La formulazione fondamentale, da cui derivano le altre, è quella ontologica. Nella Metafisica (IV, 3) il filosofo afferma l’impossibilità di ritenere che una stessa cosa appartenga e contemporaneamente non appartenga alla stessa cosa dallo stesso punto di vista. La formulazione logica (nessuno può pensare in modo contraddittorio) e quella linguistica (è impossibile contemporaneamente affermare e negare la stessa cosa della stessa cosa) sono una conseguenza della legge dell’essere (formulazione ontologica del principio di non-contraddizione).
Berti introduce un'importante distinzione tra la formalizzazione aristotelica del principio di non-contraddizione, ¬(A ⋀ ¬B), e quella parmenidea, ¬(A⋀ ¬A). Data la coincidenza di soggetto e predicato, egli suggerisce di ricatalogare la formalizzazione parmenidea come formulazione del principio di identità. Il principio aristotelico riguarderebbe infatti l’attribuzione e l’appartenenza (A e B), non l’identità (A e A). Secondo la lettura di Berti, dunque, il principio parmenideo (tradizionalmente chiamato principio di identità) sarebbe una restrizione del principio aristotelico (principio di non-contraddizione). Quest’ultimo fungerebbe da principio di tutte le dimostrazioni e non da premessa, valendo come criterio formale di significanza e coerenza, non garanzia di verità.
Quanto al principio del terzo escluso, presentato nella Metafisica (IV, 8), Aristotele dichiara che è necessario o affermare o negare un certo predicato di un certo soggetto. Diversamente dal principio di non-contraddizione, il principio del terzo escluso può fungere da premessa di verità: quando due proposizioni sono tra loro veramente contraddittorie (e non semplicemente opposte), necessariamente una delle due dev’essere vera.
Berti difende il metodo dialettico aristotelico dall’accusa di aver perso la “forza epistemica” che contraddistingueva la dialettica platonica, avendo essa abbandonato l’ambito della verità (aletheia) per quello dell’opinabile (doxai e endoxai). Secondo Berti, la fondazione doxastica (ovvero il basarsi sulle opinioni comuni e tradizionali) non comporterebbe un indebolimento epistemico della dialettica, quanto, piuttosto, un suo allargamento. In Aristotele, infatti, il concetto di opinione include quello di verità. In tal modo, la dialettica non sarebbe più prerogativa esclusiva della filosofia (che ne farebbe un uso scientifico), ma si aprirebbe anche ad ambiti diversi da quello filosofico (ad esempio il processo giudiziario, il dibattito politico o il discorso tra amici).

  • Metafisica, logica, filosofia della natura. I termini delle categorie aristoteliche dal mondo antico all’età moderna, a cura e con una premessa di E. Canone, Agorà, Sarzana 2004
  • La verità nell’antico e nel moderno, a cura e con una prefazione di D. di Iasio, Momenti e Problemi della Storia del Pensiero (11), Napoli 2005.
    Contributi di G. Casertano, D. di Iasio, D. Losurdo, Momenti e Problemi della Storia del Pensiero (11), Napoli 2005
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