Archivio delle attività

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Seconda lezione
Napoli, 16 gennaio 2007
La regola aurea nella secolarizzazione critica

 

La prima formulazione della regola aurea in filosofia si trova nel Gorgia di Platone. La tesi socratico-platonica dell’anima come elemento essenziale da tutelare e proteggere rilancia la questione della coesistenza tra ordine morale e ordine naturale a partire dal concetto di giustizia. Affinché l’anima possa sopravvivere nella sua purezza, condizione necessaria per la felicità, occorre che essa, se esposta a ingiustizia, non corra a riparazione cedendo alla vendetta e alla violenza, perché sarebbe quest’ultima azione, e non l’ingiustizia subita, a corromperla. Si inserisce qui l’idea della terziarietà della legge e del giudice come fonte della riparazione. Alla luce di tali considerazioni, anche la cosiddetta tesi sull’immortalità dell’anima, esposta, tra gli altri dialoghi, nel Fedone, potrebbe essere ripensata in forma utopica: si tratta infatti di stabilire, attraverso la riflessione, la possibilità di capire una dimensione dell’essere umano che non abbia i tratti della temporaneità. Ci troviamo quindi innanzi all’esigenza del pensiero di andare oltre l’identificazione con il ragionamento calcolante, che si dà precisamente nell’ordine del tempo. La forza di una cultura potrebbe allora essere espressa dalla sua capacità di trovare un equilibrio tra la potenza calcolante del ragionare e quell’esigenza estrema che spinge il pensiero oltre i limiti dell’umano. La paradossale espressione “naturalismo idealistico” è adatta per Masullo a rendere conto di una visione in cui la morale è un ordine stabile, distinto da quello naturale, presupposto a noi, in cui materiale non coincide più con corporeo. L’ordine di carattere ideale predisposto dalla regola aurea si dà, oltre che nella versione di segno negativo del «non ti vendicherai», come lo troviamo ad esempio nel Levitico, nell’espressione positiva dei Vangeli: l’amore non come un astenersi da una azione, ma come azione stessa.

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