Archivio delle attività

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Seconda lezione
Napoli, 11 marzo 2008
L’idea di “tempo” alla prova del pensiero nichilista

Il rapporto ontologico-temporale tra continuo e discontinuo consente il passaggio concettuale dal niente al nulla: il niente, non ente, si distingue dal nulla, zero, come l’effetto del cambiare si distingue dal motore del cambiamento. In Eraclito vi sono infatti due piani, la distinzione fra qualche cosa che ha come propria caratteristica l’instabilità e la stabile produzione di instabilità. Il qualcosa per cui l’instabilità si produce è un ente, mentre l’instabilità è un niente. Buona parte della riflessione novecentesca su ente, essere, niente e nulla, trova nella distinzione tra vita come processo che avverte il proprio fluire, e la sua entificazione, resa possibile dal vivere stesso, una solida base concettuale. Per Masullo, si tratta di attardarsi sul senso della funzione verbale dell’essere, prima dunque della sua sostanzializzazione metafisica. Il nulla permette di pensare quella dimensione dell’essere che si distingue dall’ente e dal non ente (niente), senza per questo assumere le fattezze dell’essere in senso metafisico. Il nulla è quindi al contempo ciò per cui il niente è niente e l’ente è ente. Il frammento eracliteo B52 DK propone precisamente questa verbalizzazione dell’essere e, di conseguenza, del tempo. Il bambino che lancia i dadi permette di pensare al tempo come principio unificante (personificato) dei diversi processi che costituiscono l’ordine, casuale o predeterminato, della natura. La forma mitica adottata da Eraclito è spia dell’enorme difficoltà innanzi alla quale si trova il filosofo nel tentativo di esprimere a parole il tempo come aîon, forma del vissuto: la comprensione vissuta non corrisponde infatti, come sottolinea Sant’Agostino, a quella pensata. Inoltre, come già mostrava Aristotele, l’ipostatizzazione del tempo come autore del cambiamento ha anche una forte connotazione emotiva: del fluire del tempo si sottolinea solo l’aspetto negativo, legato al suo consumare, la dimensione traumatica del suo continuo minacciare l’identità. Per Aristotele il tempo non coincide con il cambiamento, ma il primo afferisce alla sfera soggettiva, mentale, è azione dell’anima, mentre il secondo è la natura stessa. La domanda sul tempo è una domanda radicale perché è il tentativo di mettersi a distanza da se stessi: questo gesto è, come non hanno mancato di sottolineare Husserl e Heidegger, precisamente l’inizio del pensiero, il pensiero come continuo iniziare daccapo.

  • Aldo Masullo, Oblio e nichilismo, 14-16 ottobre 2003
  • Massimo Donà, Sulla negazione (ovvero: la struttura dell’impossibile), 27 febbraio – 1 marzo 2006
  • Aldo Trione, Mistica e poesia, 21-24 ottobre 2002
  • Alberto Caracciolo, Nichilismo ed etica, 26 febbraio 1979
  • Gianni Vattimo, Ermeneutica e nichilismo, 13-17 settembre 1993
  • Franco Ferrari, Plotino: perché l’essere anziché il nulla?, Napoli, 25 maggio 2011, in Plotino e il neoplatonismi. Problemi storiografici e filosofici, 23-26 maggio 2011
  • Antonio Gargano, Il Nichilismo, 28 marzo 2001
  • Antonio Gargano, Schopenhauer: dalla volontà di potenza al nulla, 23 aprile 2014
  • Domenico Losurdo, Viviamo nell’epoca del nichilismo?, Napoli, 14-18 settembre 1998

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