Terza lezione
Napoli, 11 aprile 1988
Il doodle e la grottesca
Forma estrema e contratta dell’umorismo artistico, il doodle (ghirigoro, scarabocchio) segna il punto ove l’elemento della fantasia, strumento principe di ogni caricaturista, si affranca da ogni intento satirico. L’«impulso di scribacchiare per rilassarsi» prevale su ogni schema predefinito, come se la figura disegnata nascesse da un abbandono della penna a se stessa. In tal senso, il doodle è in netto contrasto con l’allegoria: se questa intende indicare qualcosa, quello non indica che se stesso, un mero «allentamento» del controllo sulla forma.
Eppure, ben prima del suo pubblico successo – grazie al film di Frank Capra “Mr. Deeds goes to town” (1936)”, e alla rubrica “Doodles” dell’Evening Standard –, il doodle sembra ascendere a una solida categoria della storia dell’arte: quella della grottesca, una delle principali forme dell’arte ornamentale.
In questa lezione, Ernst Gombrich, seguendo la trama dell’intreccio storico fra grottesca e doodle, mostra come l’elemento decisivo – tanto per l’una che per l’altro – sia la costante oscillazione fra comico e serioso, ridicolo e sinistro (esemplari le figure di Bosch e Bruegel) – ciò che Ernst Kris ha chiamato il «carattere a doppio taglio del comico». Ma se per un verso la grottesca, a differenza del doodle, sembra perseguire un intento ben riconoscibile (com’è quello ornamentale), essa si offre, dall’altro, come categoria del doodle sin dai primi dell’800, allorché James P. Malcom designa le prime forme di caricatura come «grottesche involontarie».
Liberatosi dalla grottesca, il tratto spontaneo, onirico, e visibilmente ludico del doodle può così proseguire il suo corso, a margine del trionfo dell’“Arte” e della sua «licenza», nei caricaturisti più eccentrici, costruttori di scraps, sketches e nonsenses, come Töpfer, Newton, Grandville, Cruikshanck e Doyle.
Con il comics, o fumetto, un ultimo sussulto ne movimenta le forme decretandone il successo.
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