Quarta lezione
Napoli, 30 giugno 1994
I tre modelli storici e l’illusione del tempo lineare
Il quarto appuntamento del seminario si apre con l’identificazione dei due ponti di senso necessari a ogni filosofia della storia: il legame tra passato e futuro e la connessione tra storia degli individui e storia dell’umanità. A partire dal modo in cui ogni filosofia della storia ha intrecciato questi due livelli di senso è possibile individuare tre distinti modelli: a) il modello scozzese di tipo naturalistico; b) la proposta del Settecento francese, contraddistinta dal concetto di tableau; c) la filosofia della storia tedesca, che prendendo le mosse dalla secolarizzazione della provvidenza cristiana giunge a una logica preterintenzionale degli eventi. Questi tre modelli condividono una complicazione della proposta newtoniana del tempo lineare, sebbene in direzioni distinte. La filosofia della storia scozzese propone l’idea di un movimento a più velocità della storia, che si intreccia all’economia politica a partire dal concetto di interesse, principio di massimizzazione dell’utilità attesa. Vi sono dunque diversi stadi di sviluppo della società civile che coesistono all’interno del medesimo tempo storico. Il modello francese condivide la proposta stadiale scozzese, ma propone un quadro sinottico che non separa il diacronico dal sincronico: la storia riassume quindi in ogni epoca i progressi degli stadi precedenti, accumulandone le ricchezze. La terza strategia di donazione di senso si articola nella Germania del tardo Settecento nella forma di una antropodicea: gli uomini, perseguendo l’amor proprio, finiscono inconsapevolmente per far gli interessi del mondo. L’abbandono del codice biblico comporta il tentativo di colmare l’assenza percepita di senso, non identificabile a partire dalle intenzioni degli uomini, bensì dalle loro passioni, dall’interesse, dall’egoismo. Inoltre, le nuove scoperte geografiche impongono un confronto con culture altre, le quali possono essere pensate nei termini di gradini inferiori o superiori di una unica scala che ogni società compie in tempi diversi, di alterità incompatibili con la nostra o come la necessità cartesiana di sottoporre la cultura stessa a discrimine. Tutte queste forme convergono verso il tentativo di spiegare un movimento storico che non coincide affatto con una linea semplice di sviluppo.
- Livio Sichirollo, La filosofia hegeliana della storia, 3-4 febbraio 1986
- Livio Sichirollo, Max Weber e la cultura italiana: fra antichisti, filosofia politica e storia delle idee, 26 maggio 1980
- Domenico Losurdo, Per una storia dell'ideologia della guerra nel Novecento (I), 13-17 settembre 1993
- Domenico Losurdo, Per una storia dell’ideologia della guerra nel Novecento (II), 11- 15 luglio 1994
- Carlo Ginzburg, Quattro esercizi di storia della storiografia, 11-14 novembre 1991
- Antonio Gargano, La psicoanalisi e la guerra. Sigmund Freud, Franco Fornari, 1° febbraio 2019
- Yves Charles Zarka, Politica e antipolitica, 18-21 ottobre 2010
Hegel, Lezioni di filosofia della storia, Laterza, Bari 2008, p. 25
La costruzione di una casa è, prima di tutto, un fine coltivato interiormente e un’intenzione. Al suo cospetto stanno come mezzi gli elementi particolari, come materiale il ferro, il legno, le pietre. Gli elementi sono applicati alla lavorazione dei materiali: il fuoco per fondere il ferro, l’aria per attizzare il fuoco, l’acqua per mettere in movimento le ruote, per tagliare il legno ecc. Il risultato è che la casa trattiene all’esterno l’aria, che pure è servita a costruirla, così come respinge gli scrosci d’acqua della pioggia e il fuoco, se è a prova d’incendio. Le pietre e le travi obbediscono alla gravità, premono verso il basso, eppure servono a erigere alte pareti. Così gli elementi sono adoperati in maniera conforme alla loro natura e concorrono a produrre qualcosa che li limiti nella loro efficacia. In maniera analoga, le passioni si appagano, si realizzano e attuano i loro scopi in base alla loro determinazione naturale; così portano alla luce l’edificio della società umana, nel quale hanno conferito al diritto, all’ordine, il potere di agire contro di esse.
Ivi, p. 30:
L’interesse particolare della ragione è dunque inseparabile dall’attuazione dell’interesse universale; infatti quest’ultimo è il risultato dell’interesse particolare e determinato, nonché della sua negazione. Sono gli interessi particolari a combattersi tra loro e, in parte, ad annientarsi. L’idea universale non si espone al pericolo, non si abbandona al dissidio e alla lotta; essa si mantiene inattaccata e incolume sullo sfondo. Che l’idea faccia agire le passioni a suo vantaggio, che lo strumento del quale si serve per darsi esistenza ci rimetta e patisca danno, è quel che possiamo chiamare l’astuzia della ragione. È quanto cade sotto i nostri sensi, è il fenomeno: una parte è nulla, un’altra è affermativa. L’interesse particolare è perlopiù troppo misero rispetto all’interesse universale, gli individui sono sacrificati e abbandonati. L’idea non paga il tributo dovuto all’esistenza e alla caducità, bensì lo paga con le passioni degli individui.