Diario della crisi

È possibile trovare le parole per esprimere lo smarrimento che proviamo, in questa sospensione del tempo attraversata da vertiginosi cambiamenti? Per dare voce all'esperienza della separazione dai nostri prossimi, che pure ci accomuna a tutti gli abitanti del pianeta? Per restituire le domande che ci poniamo, immersi in una sfera cognitiva dissonante, con la sensazione che ci sveglieremo da questo incubo in un mondo trasformato e da trasformare? Proviamo a trovare insieme queste parole.

Giuseppe Ferraro - Ospitare la vita

29 marzo 2020

Questo tempo sospeso c’impone non a farne memoria, ma a cambiare la stessa memoria come fin qui è stata. Quel “non ho tempo” ripetuto a ogni incontro, ci ha fatto dimenticare anche il presente. Ora la corsa contro il tempo è per soccorrere chi sta in trincea, in prima linea, corpo a corpo a lottare contro la malattia. Chi sta a casa è nelle retrovie. Il suo contributo di resistenza è piuttosto contro il male, contro l’accidia e la violenza, che fa presto a seguire. Questa pestilenza colpisce il respiro. Colpisce la libertà, i sentimenti, i comportamenti, le relazioni. Il compito dei filosofi è adesso la manutenzione del tempo, quello della cura, della pratica di una comunità interiore. Nelle retrovie della distanza si lotta contro il male della comunicazione distratta, del sondaggio, del sospetto nemico, dell’egoismo di una società senza comunità. Ognuno è chiamato a dare il proprio tempo, quello che fin qui non ha avuto e che si scopre come ciò che si è perduto di comunità. Gli intellettuali sono impegnati in questo tempo sospeso a indicare e offrire strumenti di soccorso a una nuova democrazia, ripensando a nuove forme di relazioni per una politica che sia la manutenzione del tempo dello starsi accanto. L’impegno sono le dirette in rete, lezioni, letture, discussioni, che facciano ritrovare nell’immagine la voce dello starsi accanto.
Sempre nei tempi delle pestilenze della storia avanzano nuove confessioni che cambiano la religione. Ed ogni religione è sanitaria quanto è salvifica, è igienica quanto è rituale. L’immagine di Papa Francesco in quella piazza gremita di vuoto, era inimmaginabile, solo, come ognuno è “solo sulla terra” ed “è subito è sera” ora in pieno giorno. Quella scena l'abbiamo letta nei libri più antichi e pensavano fosse a noi remota, come quella del tragedie greche. Bisogna leggere pensando al libro come pagine perse nel mare del tempo e ritrovarle. Come un messaggio per non far scordare il non vissuto. Bisogna cambiare la memoria. Quella del desiderio è il ricordo di quel che non si è vissuto. È questa memoria che va appresa. Il desiderio è vicino al disastro come è vicino al sereno di una tempesta sul lago mentre si prova a passare da una sponda a un’altra. Come nel racconto secondo Marco.
Cambiano le confessioni. Bisogna cambiare la religione perché sia senza confessione e penitenza, ma esprima il nostro starci accanto come fino non è stato, il desiderio della vita avanza nella tempesta del racconto. Questa volta non c’è il figlio di Dio a dirci di cambiare il nostro starci accanto e abitare. Bisogna essere come trasformati, diceva Nietzsche, e nella trasformazione essere vicini al divino, diceva Platone. Bisogna abitare in altra forma mondo ospitando la vita.
Finora i filosofi hanno solo diversamente interpretato il mondo, adesso bisogna cambiare la filosofia. L’impegno è fare della città una scuola dei legami perché la libertà è fatta di legami, nessuno è libero da solo. L’impegno è di comunità sociali in una società comune.

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