Riproduciamo qui l’intervento di Aldo Cennamo, già proposto nella chat “Resistenza” il 26 aprile 2020 per ricordare Aldo Masullo
Ringrazio di cuore gli amici della chat “Resistenza” per questa iniziativa e per l’opportunità offertami, insieme ad altri amici, di esprimere un breve ricordo di Aldo Masullo.
Tanto è stato già detto in questi giorni sulla stampa, sui social, in questa chat, e molto si dirà ancora nelle accademie, negli istituti di cultura, per approfondire quell’autentica miniera che è il pensiero di Aldo. Mi hanno colpito le riflessioni di tante personalità, tanti amici, ed in particolare quelle di Gaetano Manfredi che, con estrema semplicità ed acutezza, ha ricordato lo spessore culturale, umano e civile di Masullo.
Aldo non amava le celebrazioni. Credo che ci debba confortare l’idea che egli già in vita abbia potuto constatare quanto grandi fossero la stima, la considerazione, l’ammirazione e l’affetto da cui era circondato, in particolare, com’è già stato ricordato, dai giovani che lo amavano.
Ho un ricordo vivissimo dell’ultimo suo intervento, in conclusione di uno dei seminari da lui curato all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici dove, come accadeva sempre, una fila di giovani gli si stringeva intorno per porgli una domanda o semplicemente per stringerli la mano. Nonostante la visibile fatica ed il suo rigore nel rispetto degli orari, aveva la pazienza e l’amabilità di intrattenersi ben oltre la fine del seminario per poter ascoltare tutti ed a ciascuno fornire, con affetto e cortesia, una risposta.
È stato detto: Aldo amava i giovani. Sì, ed era un amore ricambiato perché i giovani, visibilmente, avvertivano nell’ascoltarlo un senso di profondo appagamento. Come dire… Aldo aveva la capacità di trasmettere la gioia, la felicità, del sapere, del fare e del condividere la cultura.
Aldo Masullo l’ho conosciuto nel 1972, nel corso della campagna elettorale per le elezioni politiche. Ricorderete che allora il PCI dava spazio nelle proprie liste a personalità del mondo della cultura, candidati come indipendenti che, in genere, una volta eletti si iscrivevano al gruppo misto, così come avvenne per lo stesso Masullo una volta eletto alla Camera dei deputati.
In quegli anni ero il giovane segretario della sezione del PCI di Ponticelli, uno dei circoli politici più importanti della città e dell’intero Mezzogiorno, dove era molto robusta la presenza della classe operaia e dove si può dire che “fossero di casa” di casa dirigenti politici del PCI di rilevo quali, ad esempio, Napolitano, Chiaromonte, Alinovi e Valenzi, per citare solo coloro a cui ero legato da sinceri vincoli di affetto ed amicizia che andavano ben oltre la politica.
Nella successiva VII legislatura, 1976/79, Masullo fu eletto al Senato e, sempre al Senato, fu eletto nella XII legislatura (1994/1996) e nella XIII legislatura (1996/2001), sempre nel collegio di Nola. Nel corso di questi due ultimi mandati parlamentari, fu affidata a me la responsabilità di coordinatore regionale dei parlamentari del PDS prima e del DS/Ulivo poi. Si consolidò in quegli anni un rapporto di amicizia personale più profondo, oltre che di comune lavoro con Aldo. Un rapporto che, nei primi anni della nostra conoscenza, fu mutuato dai numerosi dirigenti del PCI napoletano (Berardo Impegno, Graziella Pagano e tanti altri) che si erano formati alla sua cattedra e qui mi fermo perché, come ben comprenderete, i ricordi potrebbero portarci molto lontano soprattutto nella descrizione di cosa fosse l’Italia in quei difficili anni.
Traendo spunto dal fatto che oggi è il 26 aprile, mi consentirete di condividere con voi il ricordo di un episodio, vissuto insieme a Nino Daniele, che non molti conoscono, per evidenziare il particolare rapporto di amicizia, il comune amore per la filosofia, il sodalizio umano e culturale da cui furono legate due grandi personalità, due autentiche autorità morali della nostra città e della cultura italiana: Aldo Masullo e Gerardo Marotta. Per una singolare circostanza in questo 26 aprile, mentre rendiamo omaggio alla memoria di Aldo Masullo, ricorre l’anniversario della nascita di Gerardo Marotta, fondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che oggi avrebbe compiuto il suo novantatreesimo anno d’età. L’episodio che voglio ricordare è il seguente.
In una fredda serata di marzo del 1992, a circa due mesi dalla presentazione delle liste per il rinnovo del Consiglio Comunale di Napoli, insieme a Nino Daniele intorno alle ore 22:00 ci recammo a casa di Gerardo Marotta per proporgli a nome del PDS la candidatura a capolista il che, a quei tempi, equivaleva di fatto alla candidatura a Sindaco della città.
L’avvocato Marotta ci ricevette in casa nel suo abituale abbigliamento, cioè in pigiama, con sopra la vestaglia, il cappotto e l’immancabile cappello. La discussione con lui, tutti all’impiedi per assoluta mancanza di spazio per via dei libri disseminati in ogni dove, durò all’incirca due ore. Fu una conversazione piacevolissima in un clima di cordialità ed amicizia che fece volare il tempo ed in cui si conversò della situazione nazionale e locale col severo metro del bene pubblico. Alla fine, però, Gerardo, pur ringraziandoci sinceramente per l’iniziativa ed apprezzando il valore della proposta, ci disse che non poteva accettare perché da tempo aveva deciso di riservare tutti i suoi sforzi e tutto il suo impegno all’Istituto, la sua autentica vocazione, con cui sentiva che meglio poteva servire la collettività. Ci propose invece il nome di un candidato che avrebbe potuto essere anche più degnamente di lui il capolista/candidato del PDS a sindaco di Napoli: Aldo Masullo. Gli apprezzamenti ed il rigore del suo ragionamento sul valore umano, politico e culturale del “candidato” Aldo Masullo furono serrati, ineccepibili e convincenti, e persuasiva fu anche la telefonata che subito, lì, davanti a noi, a mezzanotte passata, fece ad Aldo, fino ad allora all’oscuro di tutto, per convincerlo dell’importanza della proposta che gli si voleva fare e dell’assoluta necessità che ci ricevesse immediatamente, dunque a mezzanotte passata, a casa sua, per discuterne. “Non c’è un minuto da perdere”, disse Gerardo a me e a Nino, con quella sua garbata perentorietà in cui era maestro e che non consentiva repliche a nessuno. Nella telefonata gli argomenti che avevano convinto noi, fecero breccia anche in Aldo — all’inizio, ovviamente, preso alla sprovvista non meno di noi — che dunque alla fine accettò di riceverci a casa sua per discuterne da vicino. E così, in quella lunga notte, fu decisa la candidatura di Aldo e si definirono anche tutti i passi successivi.
Il clima di cordialità, di amicizia, l’esame delle vicende politiche alla luce di una riflessione di lungo periodo che poneva in primo piano l’interesse pubblico e disprezzava i calcoli dettati dal meschino tornaconto personale, avevano instaurato quella notte un’atmosfera particolare che ci aveva fatto volare alto nei ragionamenti e nei giudizi, con un anelito all’universale troppo spesso messo in sordina dalla quotidianità della lotta politica.
Cari amici, lascio alla vostra riflessione come un episodio del genere possa essere d’esempio in un’epoca che lascia poco spazio ai “pensieri lunghi”, dove la “liquidità” dell’attimo presente alimenta l’egoismo da cui sembriamo essere avvolti, ma voglio invece sottolineare come oggi più che mai ci sia assolutamente bisogno di quella generosa disponibilità che allora dimostrarono uomini di così alto profilo, di così alto valore, che, animati nel loro agire da una grande passione civile e dall’etica della responsabilità, seppero porsi, e quasi per una vita intera, al servizio della propria comunità.