Terza lezione
Napoli, 31 maggio 1995
I caratteri ontologici dell’azione libera
Quali sono i caratteri ontologici dell’azione libera? Attraverso una analisi della Metafisica e della Poetica di Aristotele, Chiereghin ne delinea i tratti essenziali. Ciò che è libero è per Aristotele indipendente, bastante a se stesso e autosufficiente, ossia in misura di darsi da sé le proprie leggi. Nel suo essere intera e compiuta, l’azione libera non si definisce come l’ultimo gradino di un processo di maturazione, ma sembra darsi fuori dall’assoggettamento del tempo, dalla legge della trasformazione incessante. La praxis non si definisce in effetti in Aristotele in termini di progressiva trasformazione, processo o divenire, ma di repentino mutamento secondo contraddizioni. A differenza della kinesis, movimento ancora incompiuto e imperfetto, la praxis non ha nessun fine da raggiungere all’infuori dall’esercizio dell’attività stessa. La capacità di autoscissione, principio di organizzazione delle funzioni del vivente, è tipica degli organismi, e il punto in cui la vita raggiunge il grado maggiore di complessità di sé come praxis totale è rappresentato dall’uomo. Occorre però sottolineare che quella tra praxis animale e praxis umana non è esclusivamente una differenza di grado: nell’uomo si dà infatti uno scarto qualitativo, perché la praxis umana non opera esclusivamente sul piano delle funzioni vitali, ma si impegna sul piano dello euzen. Ciò che rende la vita autenticamente umana non è esclusivamente la complessa articolazione delle sue funzioni biologiche, ma è l’intreccio tra il costume, quindi ciò che l’uomo ha potuto costruire intorno a sé con l’abitudine, e la forza della potenza del pensare. Per questa ragione Chiereghin sottolinea il carattere tragico, in senso greco, della praxis: punto di passaggio, rovesciamento di una situazione nel suo opposto. Ciò che rende tragica l’azione à l’apparire inatteso nella metabasis del limite, del non sapere che grava sull’attimo della decisione. Tuttavia, è precisamente quando l’uomo viene strappato via dal suo quotidiano che il pensiero si spalanca su qualcosa che non aveva mai visto né potuto immaginare di poter sperimentare.
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- Umberto Curi (Università di Padova), Le forme del fare: poiesis e praxis in Aristotele, Napoli, 21 giugno 2004
- Enrico Berti, Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, Napoli, 15-19 giugno 1987
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