Laboratorio
Schemi e paradigmi di giustizia. Dalle Eumenidi alla Restorative justice
A cura di Mauro Palma
Intervengono Gemma Tuccillo, Michele Passione, Mauro Palma
Il verbo che si addice alla giustizia non è certamente “fare”, come spesso si sente o si legge nell’enfasi della cronaca della commissione di un reato di grande impatto nel sentire comune. Il verbo corretto è “rendere”. L’esercizio del rendere giustizia è innanzitutto esercizio di ricostruzione di legami perché solo tale capacità può dare un significato non effimero a quel senso di riparazione che sin dalle Eumenidi è motivo di speranza per la storia degli uomini. Non è stato e non è ancora oggi, tuttavia, un percorso lineare quello che l’idea di giustizia ha percorso nei secoli, anche perché, come ha osservato Paul Ricoeur, «anche le operazioni più civilizzate della giustizia, in particolare nella sfera penale, mantengono ancora il segno visibile di quella violenza originale che è la vendetta». Il laboratorio vuole considerare i tratti di un percorso che conduce a una visione della giustizia penale che sia in grado di guardare al futuro piuttosto che pietrificarsi su fatti passati che pure sono incancellabili. Così Marta Cartabia che nella riforma da lei avviata – e che spesso è richiamata con il suo nome – ha definito questo diverso paradigma di giustizia: «una giustizia volta a ri-conoscere, ri-parare, ri-costruire, ri-stabilire, ri-conciliare, re-staurare, ri-cominciare, ri-comporre il tessuto sociale. È una giustizia caratterizzata dal prefisso ri- che guarda in avanti e allude alla possibilità di una rinascita: senza cancellare nulla – anzi ri-cordando tutto – apre una prospettiva nuova per la singola esistenza individuale e per l’intera comunità».