Napoli, 15 gennaio 1983
«Eraclito – il principio, Hegel – il compimento»: così Gadamer, in questa densa conferenza del 1983, ha fissato i poli del concetto filosofico di logos.
In Eraclito esso appare nella sua prima, oscura e ambigua, quasi allibita, formulazione: è ciò «che sempre è e che gli uomini sempre non intendono, né prima di udirlo né quando lo hanno udito» (fr. 1). In Hegel, invece, da cui è stato ricondotto nell’ordine del tempo e della storia, appare come una figura del compimento. Principio eternamente teso al nascondimento per l’uno, essenza di un processo costantemente votato al fine per l’altro.
Eppure, la dialettica hegeliana non è nulla senza il ricorso alla figura eraclitea del divenire e all’unità delle contraddizioni. Essere e nulla sono ancora una volta lo stesso, e la loro coincidenza non può essere espressa secondo il discorso apofantico, lo Urteil, la proposizione comunemente intesa.
È in tal senso che la forma della sentenza di Eraclito può rappresentare l’implicito del periodare hegeliano: la proposizione speculativa null’altro compie che esplicitarne il non detto. Così, la contraddizione deve poter essere espressa in ambedue le direzioni. Se, cioè, con Eraclito, essere e non essere sono lo stesso, questi devono al contempo non esserlo: solo il ritorno della negazione può completare il cammino di Eraclito; solo considerando l’unità degli opposti come processo il logos risulta concreto.
Ma Hegel compie un passo ulteriore, che devia alquanto dal paradigma. La cosa stessa è ora, in quanto riflesso di un’autocoscienza, compresa nel Begriff, il concetto. Essa è divenuta l’in sé di un per sé, Anundfürsichsein.
Il fuoco eracliteo ha percorso un lungo cammino. Sino ad affievolirsi nell’ardita sintesi hegeliana fra ontologia e misteri cristiani, storia e salvezza. E purtuttavia, la sua fiamma non cessa di ardere. Altri pensatori – che da Hegel vollero dipartirsi – continuano a soffiarvi sopra: Nietzsche e Heidegger, l’innocenza del divenire per l’uno, la presenza fulminea dell’essere per l’altro.
«Immortali mortali, mortali immortali, viventi la morte di quelli, morenti la vita di questi» (fr. 62): poiché Eraclito ha segnato il limite dell’esperienza del pensiero, ogni generazione è chiamata a farvi ritorno come al principio che contenga la promessa, o l’illusione, del compimento.
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Lezione del 17 dicembre
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[Volume dedicato a Hans-Georg Gadamer per il novantesimo compleanno] - Hans-Georg Gadamer, I presocratici e l’inizio della filosofia occidentale. Il terreno solido in Platone e Aristotele, in «Informazione filosofica», n. 10, dicembre 1992
- Georg W. F. Hegel, Lezioni su Platone (1825-1826), tr. di G. Orsi, Guerini e Associati, Milano 1995
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- Alberto Burgio, Dialettica. Tradizioni, problemi, sviluppi, Quodlibet, Macerata 2007